Ma da cui resta fuori la realtà. Il dramma dei precari, dei giovani, del ceto medio che ha perso drammaticamente potere d’acquisto, la produzione industriale che crolla di quasi 5 punti percentuali e 2,7 milioni di persone “inattive”.
Il berlusconismo si chiude con la sconfitta della politica. Che ha abdicato al suo ruolo per difendere un uomo imprigionato nelle proprie paure e nei propri guai, lasciando terreno libero alla finanza, agli speculatori, alle caste e alle corporazioni. Solcando una distanza tra chi si arricchiva e chi si impoveriva, spostando risorse dal basso verso l’alto, comprimendo diritti, garantendo copertura politica ai licenziamenti facili.
Per questo chiediamo di andare immediatamente ad elezioni anticipate: per far scegliere agli italiani quali misure e quali programmi siano necessari per fronteggiare la crisi, garantire equità sociale e rilanciare un’economia sostenibile. All’intero del campo del centrosinistra, con le primarie, e poi nel confronto elettorale con il centrodestra. Si chiama democrazia.
Molti, in queste ore, vorrebbero dar vita a un governo tecnico. Rispettiamo il ruolo di Napolitano, è legittimo che il Presidente della Repubblica prenda iniziative che vadano nella direzione di smuovere il quadro politico e rassicurare le istituzioni europee.
Siamo persone responsabili. Per questo non ci sottraiamo demagogicamente alla discussione e alla responsabilità delle scelte, ma crediamo che, oltre alle elezioni anticipate, ci sia solo un’altra strada percorribile: un governo di “scopo”, a tempo. Che si dia un obiettivo certo e un tempo prestabilito, per rassicurare non semplicemente i mercati, ma i cittadini di questo Paese.
Un governo e un obiettivo immediatamente da esplicitare: la “patrimoniale”. L’unico modo per fronteggiare l’emergenza dei conti pubblici e per dare un segnale, anche dal punto di vista simbolico, chiaro: le risorse necessarie si prendono a coloro che ne hanno fin troppe e a coloro che in questi anni hanno scaricato il peso della crisi sui ceti medi e bassi o, peggio ancora, si sono arricchiti sul terreno della finanza e della speculazione, dei mancati diritti, dei licenziamenti facili.
La patrimoniale come atto di discontinuità con questi anni e con le suicide politiche liberiste. Perché la crisi non cade come la pioggia dal cielo. E’ il frutto di scelte precise.
Siamo ben coscienti dei rischi che un governo di responsabilità nazionale possa diventare l’alibi per approvare tout court le misure indicate dalla Banca Centrale Europea. Per questo riteniamo che un governo a tempo possa nascere solo e solamente da un atto di discontinuità netto, non certo da soluzioni pasticciate o da grandi ammucchiate.
Vogliamo restituire dignità alla politica e sopratutto alla democrazia.
Chi governa un Paese lo fa responsabilmente rispondendo a un mandato dato dai propri cittadini, non dai mercati, non dalla finanza, non dalla Banca Centrale Europea. L’Europa non è soltanto una banca di cui si fa un gran parlare, a sproposito, in questi giorni. L’Europa è anche welfare universale, reddito minimo garantito, reti di protezione sociale, lotta feroce all’evasione fiscale, redistribuzione delle risorse.
Serve un governo che riporti l’Italia in Europa, ma dalla parte di chi guarda al futuro. Per farlo dobbiamo dare la parola ai cittadini italiani. Prima, in poco tempo, possiamo pure condividere misure che sicuramente il Paese approverebbe. A questo servirebbe il governo tecnico, a questo servirebbe la patrimoniale. Altrimenti, non c’è altra strada che le urne. Per, finalmente, tornare all’aria aperta.
Francesco Ferrara
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