giovedì 27 ottobre 2011

PERSEGUIAMO LA PACE. LA NOSTRA POLITICA ESTERA

Lo abbiamo già detto nel precedente post sulla centralità della scuola, dell'università e della ricerca, e lo ribadiamo ora proponendo un confronto e una riflessione sul tema della politica estera e della pace: per ridare dignità alla politica dobbiamo infatti uscire dalle sterili discussioni sugli schieramenti e cominciare a parlare di priorità e su queste confrontarci.

"La vicenda della guerra in Libia ed il protrarsi del conflitto in Afghanistan chiamano SEL ad una decisa assunzione di responsabilità nel riprendere un’iniziativa politica sui temi della pace e della costruzione di relazioni giuste tra i popoli.

La guerra in Libia ha segnato un cambio di passo nelle modalità e legittimazione di un intervento internazionale, dapprima inteso a tutela dei civili e poi nei fatti in sostegno al Consiglio Nazionale di Transizione nella sua campagna militare volta alla rimozione del regime autocratico e totalitario di Gheddafi, che ha avuto come epilogo la oscena esibizione dello scempio compiuto dai miliziani sul corpo del dittatore e dei suoi figli.

Siamo da tempo convinti che non si possa più adottare il principio di non ingerenza come unica guida delle relazioni internazionali tra stati. Viviamo in un tempo che necessita la presa in carico delle violazioni dei diritti umani da parte dei singoli, degli stati e dell’intera comunità internazionale.
Un processo di responsabilizzazione globale che deve mettere in campo risorse ed energie, intellettuali e materiali, tese alla trasformazione in senso pacifico e nonviolento delle relazioni internazionali.

L’intervento in Libia, non si è affatto ispirato ai principi detti, anzi, esso ha rivelato l’uso strumentale fatto da alcune potenze occidentali del tema della protezione dei civili per legittimare la guerra.
(...)La vera vittima della guerra in Libia è stata infatti proprio quella popolazione civile che si voleva proteggere, e che oggi vive in condizioni estreme.
Sono vittime quei migranti che hanno subito gravi violazioni dei loro diritti da parte delle milizie del CNT, dopo essere stati torturati nei campi di detenzione illegale del rais nel deserto per conto dei paesi europei.
Sono vittime quei civili presi in trappola nelle città teatro dell’epilogo del regime di Gheddafi .

Oggi si apre per la Libia un altro capitolo, pieno di rischi, quello del dopo Gheddafi, in uno scenario nel quale la possibilità di un’implosione o di un conflitto tra varie tribù è molto alto,  (...)aggravata dalle preoccupanti dichiarazioni dei leader del CNT sulla vigenza della Sharia, ovvero della legge islamica.

Allora l’Italia ha il dovere e la responsabilità a di annunciare immediatamente la cessazione della partecipazione attiva o il sostegno diretto o indiretto ad ogni operazione militare. (...)


In secondo luogo si dovrà chiedere che le Nazioni Unite lancino immediatamente un processo di indagine indipendente sulle violazioni dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità compiuti da tutte le parti in conflitto, per creare le premesse di un processo possibile di riconciliazione nazionale.

In Libia rischia di crearsi una situazione simile a quella che ormai da anni insanguina l’Afghanistan.
L’Italia dovrà annunciare fin d’ora il ritiro delle proprie truppe, con un calendario che ne preveda il rientro prima della scadenza del 2014. Crediamo che questo sia un atto necessario e dovuto per riaprire lo spazio per una proposta alternativa per l’Afghanistan, che non preveda l’abbandono di quel popolo, ma piuttosto il sostegno ad un approccio diverso al tema della sicurezza, attraverso la promozione e la tutela dei diritti umani, la giustizia transazionale, ed il soddisfacimento dei bisogni primari delle popolazioni civili.

Il compito di SEL sarà ora quello di elaborare, assieme alle realtà di movimento e della società civile italiana che si occupano di pace, disarmo, cooperazione internazionale, diritti umani, una proposta politica per la politica estera del nostro paese.
La nostra visione di politica estera dovrà vedere l’Italia porsi nel quadro internazionale come “potenza mite”, impegnata nella gestione e mediazione nonviolenta e pacifica dei conflitti, ed in operazioni di polizia internazionale sempre sotto il comando e l’egida delle Nazioni Unite, ripudiando la guerra come strumento di politica di “potenza” o soluzione dei conflitti internazionali.

Con questa agenda di impegni intendiamo riaprire la discussione sui temi della pace e del profilo internazionale dell’Italia a tutti, sottraendo all’esclusiva competenza degli “specialisti”, temi che sono indispensabili alla formazione di una piena e consapevole cittadinanza globale."
Gennaro Migliore

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