martedì 25 ottobre 2011

PER RICOSTRUIRE L'ITALIA RIPARTIAMO DALLA SCUOLA

Mentre la politica da talk show continua uno sterile dibattito sulle alleanze per costruire la coalizione da contrapporre al centro destra, il processo di smantellamento della scuola pubblica va avanti in silenzio.
Nella manovra di luglio il centro-destra ha introdotto la normativa dell’accorpamento “forzoso” dei circoli didattici.
Secondo questa nuova norma, a partire dall’anno scolastico 2012/2013, le scuole elementari e medie autonome dovranno far posto a istituti comprensivi con almeno mille alunni.
I circoli didattici, che comprendono classi di scuola materna, elementare e secondaria di primo grado verranno smembrati e i plessi riaccorpati in modo da formare istituti comprensivi (scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado) con oltre un migliaio di studenti.

Il motivo ufficiale è quello solito del ragionier Tremonti: occorre risparmiare e in questo modo si possono tagliare gli stipendi di qualche migliaio di dirigenti e direttori amministrativi.
A guardar bene, però, c’è il sospetto che ci sia anche una motivazione assai più di bottega: quella di riguadagnare qualche consenso nel nord leghista visto che i tagli riguarderanno soprattutto le regioni del Sud. Secondo i calcoli del ministero, infatti, a fronte di circa 1.300 scuole che saranno cancellate su tutto il territorio nazionale, quasi 1000 saranno a carico delle regioni del Sud. In Lombardia, verranno tagliate 24 istituzioni scolastiche mentre in Campania ne spariranno ben 285.

Ma la vera posta in gioco è la centralità della scuola pubblica e il diritto di tutti ad avere un’istruzione di qualità. Un diritto che verrà negato, nei fatti, ai bimbi che vivono nei piccoli paesi dove si abbatterà la scure di Tremonti. Per loro non ci sarà più la possibilità di frequentare le scuole locali e dovranno affrontare un pendolarismo giornaliero, una vera e propria “odissea”, viste le difficoltà dei trasporti regionali, anche quelli tagliati con l’accetta.

Si tratta di una norma inaccettabile che viola il diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Contro di essa bisogna organizzare una battaglia, fin da subito, per provare a cancellarla, per impedire che l’anno prossimo si realizzi un accorpamento, fatto solo con criteri da ragioniere, che avrà effetti disastrosi.
Può essere il primo passo per riportare il tema della formazione e della ricerca al centro del dibattito politico del centro-sinistra, un banco di prova per aggregare quelle forze che vogliono sfidare l’attuale maggioranza per il governo del paese.

Per ridare dignità alla politica, infatti, dobbiamo uscire dalle sterili discussioni sugli schieramenti e cominciare a parlare di priorità, perché la politica non può ridursi all’amministrazione di condominio, alla parità di bilancio, ma richiede scelte e assunzioni di responsabilità: non ci può essere alternativa politica senza un progetto di trasformazione del paese.

Senza investimenti significativi in scuola, università e ricerca – che riducano il divario rispetto agli altri paesi europei e diano concrete prospettive alle giovani generazioni – è impossibile immaginare un nuovo modello di sviluppo per l’Italia che sia in grado di affrontare, con uguale urgenza, la crisi economica, sociale e ambientale.

Tutto il resto è noia! Il solito teatrino che, sotto le macerie della politica, rischia di seppellire ogni ipotesi di cambiamento reale del nostro paese.
Umberto Guidoni

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