Ancora fango, ancora morti, ancora famiglie e vite distrutte. Ormai i media televisivi ci abituano a vivere le dimensioni dei drammi in modo sempre più ravvicinato. Abbiamo nelle orecchie le urla disperate delle persone che chiedevano aiuto; abbiamo, scolpite negli occhi le immagini di quel fiume di acqua melmosa che trascina con sé cose e persone.
Intanto l’allerta maltempo continua. Notizie sconfortanti si susseguono, coinvolgendo tutto il nostro territorio nazionale. Allarme Piemonte, allarme Centro Italia e poi Sud. Le soluzioni sono sempre e solo emergenziali.
Nel momento dell’emergenza, evidentemente, si fa quel che si può: la Protezione civile fa quel che può, i volontari rischiano la propria vita e fanno quello che possono, e quando il dramma produce povere innocenti vittime c’è l’ennesimo funerale, con la partecipazione commossa delle autorità. Un rituale troppe volte visto che, purtroppo, considerata la frequenza di avvenimenti di segno simile, sarà sostituito, presto, dalla scena successiva dei tanti dolori, delle tante rabbie, dei troppi omertosi silenzi.
In provincia di Messina si è costruito sulle falde acquifere così in Cilento, così in tutta l’Italia.
Preoccupanti statistiche rilevano che il 98% dei Comuni è a rischio idrogeologico, più o meno grave.
A Genova ci dicono che il torrente Fereggiano è circondato dalle frane e quindi se questo piccolo ruscello si gonfia d’acqua esplode, che i progetti per fare defluire le acque anche per gli altri torrenti sono fermi da anni, che ci sono cantieri aperti ed opere mai realizzate. Un progetto definitivo per la costruzione di un canale che avrebbe consentito di far defluire le acque è fermo al Consiglio Superiore dei lavori pubblici.
E qui ritorniamo al tema vero: la cronica inadeguatezza di fondi per la salvaguardia del territorio da un lato e la cementificazione selvaggia da un altro. In due anni l’Italia segna un bollettino di guerra inaccettabile; una settantina di vite umane e ben otto regioni colpite da disastri idrogeologici.
Sicuramente, gli investimenti economici per la messa in sicurezza del territorio non danno visibilità, la prevenzione non dà medaglie, anzi scontenta chi, nel legame insano tra politica ed interessi, privilegia la facile ricchezza delle speculazioni edilizie,del cambiamento di destinazione degli immobili, degli abusi mai controllati.
Per non parlare di tutti quei, tanti, troppi condoni che negli anni sono stati facilmente concessi per fare cassa, con la drammatica conseguenza di ridurre intere zone, che insistono su aree oggettivamente inedificabili, a situazioni di alta vulnerabilità e al rischio, sempre meno remoto, di crollare.
Da ultimo, non va sottaciuto lo scarso interesse per le politiche ambientali di questo governo, che da quattro anni prosciuga sempre più le risorse del Ministero delle politiche ambientali.
L’ambiente non deve essere violentato, il vaso è colmo e tutti, dalle istituzioni ai cittadini, devono assumersi le proprie responsabilità, non favorendo le logiche delle speculazioni edilizie, perché l’abuso del territorio, prima o poi, fa pagare i prezzi altissimi a tutti, e una politica che manda segnali di condoni edilizi contribuisce irresponsabilmente a distruggere questo nostro straordinario Paese, costretto ogni volta a risollevarsi da disastri e da tragedie di cui è troppo spesso incolpevole.
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