Le ultime dichiarazioni del Ministro Fornero sul numero effettivo degli esodati sono l’ennesimo insulto alla credibilità di questo Paese, l’Italia, che non può e non vuole più concedersi il lusso di perdere sette mesi di tempo solo per speculare sulle cifre reali del disastro.
Gli esodati non sono solo 65000, punto. Troppo spesso si è parlato di questa brutta pagina della storia italiana, l’ennesima. E in verità non ne avremo mai parlato abbastanza finché una soluzione non verrà trovata, finché non ci verrà restituita una volta per tutte la garanzia prima su cui la nostra Costituzione è fondata: il lavoro. Anche quel lavoro che non viene pagato o considerato tale.
Il lavoro non è una certezza per i dipendenti del settore privato, a causa della precarietà da un lato e dello smantellamento dell’Articolo 18 dall’altro. E a quanto pare alla Ministra del Lavoro piace tanto pensare che non debba essere una certezza nemmeno per i dipendenti pubblici – del resto la Fornero è anche Ministro delle Pari Opportunità, ha voluto ricordarcelo proprio in una discussione sul tema dei licenziamenti.
Esodati, Articolo 18, Riforma del sistema previdenziale, Riforma del mercato del lavoro. Provvedimenti che in ogni caso non hanno sortito nemmeno l’effetto sperato da questo Governo tecnicamente incapace di arginare il problema della disoccupazione – che nel primo trimestre del 2012 ha raggiunto la cifra record del 10,9% – e della precarietà di milioni di persone.
La lettura di tali dati assume una connotazione ancor più grave se consideriamo che esiste una classe sociale che purtroppo non ha ancora avuto l’occasione di capire cosa significa poter lottare per far valere un diritto fondamentale come l’Articolo 18 e che allo stato attuale delle cose può cancellare dal proprio dizionario la parola «pensione».
Il 35,9% dei giovani in età compresa tra i 15 e i 24 anni è disoccupato. La percentuale è nitida, fortunatamente l’Istat non ha bisogno della stessa tempistica del Ministro Fornero. Ma il dato non rende conto di un’altra realtà angosciosa del mosaico sociale italiano. Ebbene, il 46,7% dei giovani in età compresa tra i 15 e i 24 anni ha un contratto parasubordinato – uno dei 46 tipi esistenti. Come dire, se non sei disoccupato sei precario.
Non va tanto meglio ai giovani tra i 25 e i 35 anni, quelli gentilmente definiti i «bamboccioni». Il 20% di loro è precario, la precarietà l’hanno esplorata in tutte le dimensioni possibili – vittime come sono stati della sperimentazione di tutte le peggiori riforme che la nostra Repubblica abbia mai conosciuto (riforme scolastiche, riforme universitarie e, su tutte, la precarizzazione delle forme lavorative).
La riforma del mercato del lavoro, non la si può definire tale. Ha disatteso ogni aspettativa, ha mantenuto inalterate le 46 tipologie contrattuali atipiche ad oggi vigenti e non mai previsto nemmeno una forma di reddito minimo garantito – unico Paese, nell’Unione Europea.
Forse quei «bamboccioni» meriterebbero qualcosa di più, oltretutto è anche la generazione più preparata della nostra Repubblica. “La meglio gioventù”, insomma.
Per questo e per molto altro SEL sarà in piazza al loro fianco, il 16 giugno alle ore 18:00 a Piazza Farnese.
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