“Qualcuno prima o poi dovrà spiegare a Silvio Berlusconi che il presidente del Consiglio dei ministri rappresenta, ahimè, non solo una maggioranza politica ma l’intero paese.
Di più: rappresenta lo Stato nella sua funzione di governo. E se Il capo di un governo dice che la scuola pubblica del paese su cui governa fa schifo, delle due l’una: o ha bevuto oppure se ne fotte. Della scuola (pubblica), del paese e degli italiani.
Berlusconi interpreta il suo mestiere come un abusivo, un forestiero che abita le stanze di Palazzo Chigi col pensiero inchiodato alle camere da letto di Palazzo Grazioli e di Arcore. E da forestiero ritiene naturale insultare la scuola pubblica, cioè dello Stato.
In quell’insulto grossolano non c’è solo il fastidio per un sistema scolastico che, pur tra mille difficoltà, continua a rappresentare uno dei pochi luoghi ancora liberi da condizionamenti e da ricatti.
Non c’è solo l’equivoco culturale di chi pensa sempre male del pubblico (di ogni servizio pubblico: scuole, ospedali, tribunali…) e vorrebbe privatizzare ogni risorsa, ogni diritto, ogni opportunità.
In Berlusconi, nella sua battuta, c’è il segno di un’antica ipocrisia, di una politica di regime che tifa per i giovani rivoltosi in Libia ma vuole i giovani italiani quieti, silenziosi e rassegnati.
In ultima analisi, Berlusconi e i suoi immaginano che questa debba essere la funzione dell’insegnamento: educare a obbedir tacendo, a non farsi troppe domande, a non cercare troppe risposte.
Per questo il 12 marzo dobbiamo essere in tanti in piazza per la Costituzione.
Se la battaglia in difesa della Costituzione ha oggi un senso profondo è proprio perché porta dentro di sé la difesa, puntuale e inemendabile, di tutti i suoi diritti e i suoi valori. A cominciare dal diritto a un’istruzione pubblica e libera da condizionamenti, da obbedienze, da reticenze”.
Nessun commento:
Posta un commento